IL VOSTRO SPAZIO
NEL MIO BLOG
rubrica letteraria e culturale, dal 19 marzo 2014
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Oggi la rubrica Tacuìn si sposta a Roma per conoscere Ivan Mattei, autore di "CRISI" (0111 Edizioni) e grande appassionato di scrittura cinematografica. Cosa mi ha colpita di lui? Il suo modo di interpretare questa tanto chiacchierata "crisi". I media la evidenziano dal punto di vista economico e politico. Ivan no (o almeno, non solo). Ivan la mette sul piano sociale, personale, intimo. Una crisi d'identità (se vogliamo), frutto della situazione attuale, del bombardamento tecnologico che ci fa perdere il contatto con la realtà. Una crisi alla quale dobbiamo reagire non con rabbia incontrollata ma con l'aiuto e la forza delle persone nella nostra stessa situazione.
"Amore" batte "Crisi": 1 a 0.
"Amore" batte "Crisi": 1 a 0.
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Cinemagia |
Ivan ci racconta ...
Appassionato di scrittura cinematografica (la prima sceneggiatura studiata è stata “La strada” a 13 anni), mi sono reso conto, con il passare degli anni che potevo raccontare le mie storie anche in altri contesti, come il teatro, la narrativa, ed i fumetti.
I miei studi sono stati da sempre improntati alla crescita culturale e tecnica, prima con il liceo classico (al quale devo una certa apertura mentale) e poi con il DAMS. In collaborazione con Daniele Caon ho scritto e diretto vari cortometraggi, che è possibile visionare su You Tube, con i quali ho partecipato a vari concorsi e rassegne a livello nazionale e internazionale. Nel frattempo ho continuato a scrivere, avendo l'accortezza di far leggere i miei lavori principalmente a persone che non mi conoscevano, per avere giudizi il più possibile scevri da condizionamenti. Per tre miei lavori ho scelto l’autoproduzione, con il servizio “Il mio libro”. Per il primo la scelta è dovuta alla lunghezza, che è più da racconto lungo, mentre per il secondo è per la particolarità dello scritto, che comprendeva anche un testo teatrale al suo interno. “Crisi” è il primo romanzo ufficiale, cioè edito da una vera e propria casa editrice.
SEGUILO SU:
Ciao
Ivan e benvenuto nel mio blog! A gennaio è uscito il tuo romanzo d’esordio,
“Crisi”. Innanzitutto, vuoi parlarci un po’ del tuo rapporto con la scrittura? Ci
sono (come dici tu) diversi modi per raccontare le proprie storie. Credi che la
scrittura, oggi, nell’era delle immagini, sia ancora un mezzo di comunicazione efficace?
Se sì, perché?
Ciao Irene. Ti ringrazio per
l’intervista.
Il mio rapporto con la scrittura nasce da molto lontano. Ricordo sempre che in seconda elementare (!) trasformai i vari
temi ad argomento libero in un romanzo a puntate che, come ho scoperto più
tardi, richiamava addirittura Montesquieu. Per me è sempre stato un doppio
sfogo il poter scrivere. Prima di tutto nella scrittura riesco a scaricare
tutto quello che vedo intorno a me. In seconda istanza è la forma di
espressione che mi riesce meglio, non essendo un buon oratore.
Per quanto riguarda la seconda parte della tua domanda non posso che affermare che la scrittura è sicuramente un mezzo di comunicazione efficace. Questo perché ogni media ha delle sue peculiarità specifiche. Mi preme evidenziare, oltretutto, che la scrittura è comunque alla base delle storie a fumetti o cinematografiche (tranne rari casi).
Per quanto riguarda la seconda parte della tua domanda non posso che affermare che la scrittura è sicuramente un mezzo di comunicazione efficace. Questo perché ogni media ha delle sue peculiarità specifiche. Mi preme evidenziare, oltretutto, che la scrittura è comunque alla base delle storie a fumetti o cinematografiche (tranne rari casi).
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Sul set di "Norne e Valchirie" |
I cortometraggi a cui ho lavorato nascono
dalla stretta collaborazione con Daniele Caon, con il quale condivido sempre la
regia dei cortometraggi. Argomenti e stili variano in base a chi dei due scrive
la sceneggiatura. Per quanto riguarda “Assenza” e “L’ultima messa”, da me
sceneggiati, abbiamo una narrazione, e quindi uno stile di ripresa, molto più
narrativo e classico. Il primo tra l’altro nasce da un mio racconto che, come
la quasi totalità dei miei scritti, risultava essere il risultato di una
esercitazione di scrittura. “Mostra di settembre” e “Norne e Valchirie”,
sceneggiati da Daniele, hanno invece un’anima strettamente sperimentale. Il
lavoro congiunto che facciamo alla regia consente di unire le diverse anime che
contraddistinguono i nostri stili dando vita a prodotti particolari, almeno
stando alle reazioni degli spettatori.
Da un punto di vista artistico devo dire
che la sceneggiatura è un po’ una condanna a livello letterario, in quanto,
nonostante condivida molto con la scrittura letteraria, ha peculiarità tutte
sue che però spesso mi porto dietro nei miei scritti narrativi.
Veniamo
al tuo ultimo lavoro, “Crisi”. Quanto c’è di scrittura cinematografica nello
stile del romanzo? Lo hai immaginato come una sequenza di scene, campi e
controcampi, dialoghi, stacchi e dissolvenze o lo stile si discosta
completamente dal linguaggio cinematografico?
Non volendo c’è molta contaminazione
cinematografica in “Crisi”. E questo probabilmente è diretta conseguenza di
quanto dicevo poco fa. Mi è stato fatto notare da più persone (tra cui un
personaggio di un certo spessore critico-letterario) che il mio stile di
scrittura è molto cinematografico, e che in questo romanzo risulta essere quasi
più evidente che altrove, facendolo essere adatto ad un soggetto vero e proprio
pronto per essere trasformato in sceneggiatura.
Questo sinceramente mi ha fatto anche
piacere, proprio per la mia passione per la narrativa filmata, e mi ha dato lo
spunto per rileggere “Crisi” con occhi nuovi, riuscendo a focalizzare quanto la
mia visualizzazione mentale della vicenda da raccontare influenzi la mia
scrittura. E non è un male, dal momento che molte persone mi riportano come
nota di merito la capacità di rendere vive le scene, pur facendo uso di
descrizioni molto sintetiche, lontane quindi da quell’eccesso didascalico che
si trova in molta letteratura contemporanea. Un eccesso didascalico che spesso
risulta essere un modo per allungare il brodo.
La
storia che hai scelto di narrare è una storia attuale, dei giorni nostri.
“Crisi” è probabilmente la parola che più si sente nominare in questo periodo.
Che significato ha per te? Ci siamo davvero “dentro”?
La parola “crisi” è effettivamente molto
attuale. La sentiamo ormai da qualche anno legata alla situazione economica
mondiale, ma quella è la sua forma più evidente perché evidenziata anche dai
media. Più in generale viviamo in una crisi che coinvolge la nostra vita a
360°. Per restare vicino a temi di attualità possiamo ben dire che c’è una
crisi politica evidente, che poi si esprime nel rifiuto del partitismo, che
sfora nell’eccesso della rinuncia alle ideologie. C’è poi una crisi di valori
molto evidente. A livello etico c’è stata una rivoluzione incontrollata,
probabilmente per un eccesso di stimoli causato dalla velocità con cui si è
evoluta la tecnologia.
Tutto questo è legato da un filo rosso che alla fine lega e soffoca la persona incapace di sciogliere tutti i nodi che si presentano nel cammino della vita.
Tutto questo è legato da un filo rosso che alla fine lega e soffoca la persona incapace di sciogliere tutti i nodi che si presentano nel cammino della vita.
Nel
romanzo parli di Adelmo e Marta, una coppia di quarantenni alle prese con la
perdita del posto di lavoro. Si parla tanto di disoccupazione giovanile, tu
invece hai scelto di trattare un argomento forse ancor più delicato: quello
delle persone adulte che perdono il lavoro e, spesso, proprio a causa dell’età,
non riescono a reinserirsi. Perché questa scelta?
Hai centrato perfettamente il punto.
Purtroppo è un aspetto che viene lasciato molto in disparte sia a livello
politico che comunicativo. E’ giusto occuparsi di disoccupazione giovanile,
perché senza dubbio dobbiamo fornire le basi per un futuro dignitoso per i
nostri figli, ma si dà poco peso a quella fascia di persone che compongono la
cosiddetta “generazione x”, la generazione degli invisibili. La loro situazione
è più grave di quella dei giovani, in quanto hanno una vita già avviata, magari
con una famiglia sulle spalle, e nel momento in cui perdono il lavoro si
trovano completamente persi. E siamo in un mondo, e l’Italia ha dei tristi
primati negativi in merito, in cui sopra i 30 anni cominci ad essere fuori dal
mercato del lavoro. E la gravità del problema è accentuata proprio dalla
mancanza di pubblicità, a parte la triste cronaca dei suicidi che stanno
aumentando sempre più.
Tra
i temi che tratti nel libro, mi sembra tu abbia voluto evidenziare come spesso
a una crisi lavorativa ne consegua anche una personale ed emotiva, che va ad
influire negativamente sui rapporti con le persone. Sbaglio?
Esattamente. E questo è dovuto proprio a
quanto dicevo prima. Un uomo o una donna maturi che si trovano di colpo senza
un lavoro e quindi senza la certezza di uno stipendio, che serve per portare
avanti la famiglia probabilmente costruita dopo mille sacrifici, non possono
non subire un contraccolpo in alcuni casi mortale. “Il lavoro è dignità” può
sembrare una frase fatta, ma il fatto che negli anni l’abbiano fatta propria
realtà differenti (i sindacati da un lato, il Papa dall’altra) ci dimostra che
è realtà. Se poi la crisi lavorativa va a colpire persone con un orgoglio
leggermente più accentuato il rischio raddoppia. Nel libro è solo l’amore tra i
due protagonisti che gli dà la forza di andare avanti, ma anche per loro c’è un
crollo, una specie di crisi di coppia, nel momento in cui si nascondono
vicendevolmente delle azioni fatte per migliorare la situazione.
Domanda
scontata: esistono davvero un Adelmo e una Marta?
Non li conosco, ma purtroppo ho scoperto
che esistono e sono in molti.
La
0111 Edizioni ha inserito “Crisi” nel genere Mainstream. E’ un termine che non
molti conoscono: vuoi spiegarci tu che cosa significa e perché, secondo te, il
tuo libro è stato inserito proprio in questo genere? A chi lo consiglieresti?
Il prodotto mainstream è quello di più
larga “esposizione”, che può avere una fascia di pubblico più ampia. A mio
avviso la scelta della casa editrice dipende da più fattori. Il primo riguarda
il tema del romanzo, che purtroppo è alla portata di tutti. Siamo in molti a
conoscere un potenziale Adelmo o una potenziale Marta. Il secondo motivo è
forse lo stile di scrittura, che mi dicono molto scorrevole e comprensibile.
Io lo consiglierei a quanti fanno tanto
gli arrabbiati con il mondo intero seguendo il primo che urla contro il potere
come fosse il solo male del mondo, ma che in fondo della vita vera conoscono
ben poco. Ma lo farei leggere anche a chi in queste situazioni ci si trova e
magari non riesce a capire, non per suoi limiti ma perché parte in causa, che
bisogna reagire in tutti i modi, senza lasciarsi portare dalla corrente.
So per certo che alcune copie sono state
distribuite in Parlamento, ad alcuni politici che sono impegnati nella
Commissione Lavoro. Ecco, il mio auspicio è che molti di loro si trovino a
riflettere su una storia come questa, in modo tale che possano essere spinti ad
occuparsi di problemi più vicini al paese reale. Anche perché è proprio questo
loro allontanarsi dalla realtà (che ho evidenziato in ogni capitolo del libro
inserendo accenni di cronaca politica prima della cronaca di vita vera) che dà
forza a chi urla contro di loro, creando così un circuito vizioso dal quale è
difficile uscire.
Prima
di affidarti alla 0111 Edizioni hai autoprodotto tre dei tuoi lavori. Come è
andata? E’ un buon “metodo” per un autore esordiente? Come mai per “Crisi” hai
deciso invece di rivolgerti a una vera e propria Casa Editrice?
Inizialmente l’autoproduzione è stata una
sorta di reazione ad un mondo editoriale che non mi piaceva affatto. Tra case
editrici che pensano di giudicare un romanzo dalla lettura di una sinossi, ad
altre che pubblicano soltanto con il contributo dell’autore, non sapevo davvero
a chi affidarmi. Anche perché i miei primi lavori hanno stili molto
particolari. Il primo, “Scrivo una città”, lega profondamente stile di
scrittura e vicenda raccontata, assolutamente non riducibile in una pagina di
sinossi, e forse troppo breve, più nello stile di un racconto lungo. Il
secondo, “Marzia va a teatro”, contiene addirittura un vero e proprio testo
teatrale, con il quale do la possibilità al lettore di sedersi accanto alla
protagonista del romanzo. Qualcosa di molto particolare, quindi, anche qui
difficilmente sintetizzabile in poche righe.
Per “Crisi” si sono sommati due fattori
che hanno fatto sì che arrivassi alla 0111 Edizioni: uno stile molto più
classico e il risultato di una ricerca tra le piccole case editrici. Scartando
a priori quanti pubblicano, come dicevo, solo con il contributo dell’autore, mi
sono ritrovato a spulciare nei cataloghi di tante case editrici, finendo poi
sulle pagine della 0111. Ho visto che il mio libro poteva incontrare il loro
favore, e così ho provato a contattarli. Il resto, come si dice, è storia.
Come
stai promuovendo il tuo romanzo?
Ho aperto un sito dedicato al libro in
cui nella settimana prima dell’uscita del libro ho pubblicato 3 capitoli extra
che fanno da introduzione al romanzo. Poi ho creato una pagina facebook nella quale,
legandomi al tema del libro, pubblico notizie riguardanti principalmente il
mondo del lavoro e gli effetti della crisi. Ora sto cercando di organizzare
alcune presentazioni. La prima, fuori dal circuito delle librerie e su
richiesta degli organizzatori stessi, è andata bene.
E
per il futuro novità in vista? Non è che, per caso, ci sia nella tua mente
l’idea di trasformare “Crisi” in un piccolo film?
In vista c’è molto lavoro, con mille
storie già cominciate e lasciate nel cassetto in attesa dell’idea che le faccia
andare avanti ed altre mille e più che girano nel cervello dove le lascio
“decantare” finché non arriva la scintilla giusta.
In più c’è uno studio che sto facendo sulla fattibilità di una trasposizione di “Scrivo una città”, ma in quel caso il lavoro triplica.
In più c’è uno studio che sto facendo sulla fattibilità di una trasposizione di “Scrivo una città”, ma in quel caso il lavoro triplica.
Grazie
Ivan, è stato un piacere.
Piacere mio Irene, e grazie ancora per
avermi ospitato sul tuo sito.
*(La biografia è stata fornita dall'autore)
*INTERVISTA A CURA DI IRENE PAMPANIN E DESTINATA IN VIA ESCLUSIVA ALLA RUBRICA TACUìN. E' VIETATA OGNI RIPRODUZIONE, ANCHE PARZIALE, DELLA STESSA.
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